Le nostre Messe in LIS su L’Osservatore Romano
Onorati condividiamo l’articolo pubblicato ieri su L’Osservatore Romano, cogliendo l’occasione per ricordare che ogni domenica alle 8:30 la Santa Messa festiva viene tradotta in LIS e trasmessa in diretta facebook sulla nostra pagina Parrocchia San Romano Martire.
In parrocchia, con Gesù nei gesti
23 settembre 2021
Ogni prima domenica del mese nella parrocchia romana di San Romano martire si celebra una messa tradotta nella lingua dei segni. Poco prima delle 8.30 Valentina Ponticelli, interprete Lis (lingua italiana dei segni), prende posto nella chiesa. Sta in piedi, in un angolo ben visibile a tutti i sordi seduti sui banchi. Un cellulare la inquadra e la tiene costantemente in primo piano perché tutti i suoi gesti e ogni movimento del labiale deve essere chiaramente distinguibile. Le riprese vengono trasmesse via internet su Facebook e attraverso alcuni canali YouTube creati appositamente da una comunità di cattolici non udenti. Una buona pratica nata durante la pandemia e che continua tutt’ora. «Viene tradotto praticamente tutto», garantisce a «L’Osservatore Romano» don Julio Lavin de Tezanos Pinto, alla guida della chiesa nel quartiere Tiburtino.
Alcune parole poco comuni sono davvero difficili da tradurre in Lis. Tra queste ci sono i nomi biblici e i termini teologici. «Ci sono segni che a volte l’interprete non conosce, perciò ci si confronta con i sacerdoti prima della celebrazione», afferma Ponticelli. A lei un supporto importante lo ha dato la Conferenza episcopale italiana, che ha creato una pagina YouTube chiamata “Lessico in Lis”. È un dizionario visivo che illustra dettagliatamente alcuni concetti teologici e i segni-nome degli evangelisti e dei personaggi più importanti della Bibbia. Si prenda a esempio la parola Pasqua. Quando ci si riferisce a quella ebraica la mano sinistra è tenuta in posizione orizzontale con il palmo rivolto verso il basso, mentre il dito indice della mano destra viene mosso verso l’esterno. «Questo rappresenta un cammino verso un altro luogo. Esso richiama il passaggio dell’angelo sopra le case degli ebrei segnate con il sangue dell’agnello e per questo risparmiate», spiega don Julio. Quando si traduce la Pasqua cristiana, invece, le mani si muovono per illustrare un corpo che risorge: due dita, indice e medio, salgono verso l’alto, come fosse un’ascesa al cielo.
Il parroco spiega che in futuro, oltre la messa in Lis, vorrebbe avviare una catechesi rivolta alla comunità sorda. Già ora la comunità parrocchiale di San Romano coinvolge in molti modi i fedeli non udenti. Tra loro ci sono due bambine. Una di loro lo scorso anno ha ricevuto la prima comunione. Durante il catechismo lei e altre sue compagne hanno preparato una poesia nella lingua dei segni che poi hanno recitato sul palco. «Il ritiro spirituale in preparazione al sacramento è stato fatto sulla piattaforma Zoom per ovvi motivi legati alla pandemia ed io – ricorda Ponticelli – ero presente per lei come interprete a distanza». Un’altra ragazza si è avvicinata alla parrocchia più di recente, dopo che la madre è venuta a conoscenza di questa realtà inclusiva e in cui è presente un interprete. «Adesso – continua – inizieremo un percorso di catechesi in Lis che la accompagnerà fino alla Confermazione. Sarà una ragazza concretamente formata. Cosa che i non udenti in passato trovavano solo negli istituti dedicati, raggiungibili spesso dopo un lungo viaggio. Mentre in parrocchia si sentono parte integrante di una comunità presente sul territorio in cui vivono». Valentina fa l’esempio di alcune attività nate durante la pandemia, come la spesa e la bolletta sospese, che hanno visto i sordi protagonisti nel dare aiuto. Altre volte si alternano nella raccolta delle offerte. La stessa comunità di fedeli ha imparato alcune parole in Lis. Poche, ma significative: come il saluto e l’invito per andare a prendere un caffè insieme. Questo spiega perché un ragazzo è disposto a percorrere diversi chilometri per raggiungere la parrocchia da un quartiere distante.
Se questo è possibile è anche grazie alla rete costruita in questi anni da don Mario Teti, incaricato diocesano della pastorale per i sordi della diocesi di Roma. Valentina Ponticelli lo definisce un “sacerdote guida”. Il suo ruolo consiste soprattutto nel coordinare i corsi di formazione per gli interpreti e per le persone sorde. Il gruppo di lavoro si riunisce alcune volte l’anno presso la basilica di San Giovanni in Laterano per incontri ufficiali e celebrazioni. Tra queste c’è la tradizionale messa di Natale. «In quell’occasione in genere ci sono tre interpreti perché vengono molti sordi. Lo scorso anno erano oltre cinquanta», racconta la traduttrice. Sempre in chiesa il 2 ottobre si terrà un importante appuntamento in cui gli operatori si confronteranno sulla pianificazione dell’anno pastorale. Tra i temi: le attività di promozione, la formazione, l’esegesi biblica, la lingua dei segni.
Il profondo impegno del gruppo diocesano e la testimonianza della parrocchia di San Romano mostrano ciò che la Chiesa sta facendo per superare le barriere dell’esclusione sociale. «Penso – dice don Julio – che bisogna perdere la paura di interagire con altri mondi. Dietro questo c’è una realtà complessa che lavora alla creazione di un linguaggio comprensibile che aspetta solo di essere messo in pratica. Un servizio così semplice che dischiude un universo ai sordi». Si potrebbero realizzare tante altre iniziative. «È importante che i sacerdoti confessino la persona sorda utilizzando la lingua dei segni – sostiene Ponticelli – attualmente pochi lo fanno». Il diritto canonico permette che durante il sacramento vi sia la presenza di un interprete (canone 990) tenuto al segreto professionale (canone 993). Tuttavia «la sua figura potrebbe essere ingombrante» per il sordo, dice il parroco. Infatti, racconta Valentina, «io non sono mai stata presente a nessuna confessione. Questa è una cosa su cui riflettere». Tale conquista potrebbe rappresentare uno dei tanti momenti della vita in cui un essere umano è cosciente di essere diventato protagonista della propria vita.
(Giordano Contu)
© L’Osservatore Romano. Città del Vaticano